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"content": "\"La scuola alleva dementi?<br />Non c’è giorno che qualcuno non mi racconti – tramite e-mail, telefono, a voce – un assurdo episodio capitato a scuola a suo figlio, sua figlia, suo nipote. Episodi diversi ma il filo conduttore potrebbe avere il seguente titolo: molestie mentali. Ovvero se non accetti di compilare nella tua testa il modulo prestampato di pensieri forzati, vieni escluso, umiliato, accusato.\"<br /><br /><br /><a href=\"http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-scuola-alleva-dementi/?fbclid=IwAR3NUeGU6CtMYr1UY3iCYyraUvkFKG4mNgR-tcPVN5y7WjWKXpmw_McHpr8\" target=\"_blank\">http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-scuola-alleva-dementi/?fbclid=IwAR3NUeGU6CtMYr1UY3iCYyraUvkFKG4mNgR-tcPVN5y7WjWKXpmw_McHpr8</a>",
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"content": "\"La scuola alleva dementi?\nNon c’è giorno che qualcuno non mi racconti – tramite e-mail, telefono, a voce – un assurdo episodio capitato a scuola a suo figlio, sua figlia, suo nipote. Episodi diversi ma il filo conduttore potrebbe avere il seguente titolo: molestie mentali. Ovvero se non accetti di compilare nella tua testa il modulo prestampato di pensieri forzati, vieni escluso, umiliato, accusato.\"\n\n\nhttp://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-scuola-alleva-dementi/?fbclid=IwAR3NUeGU6CtMYr1UY3iCYyraUvkFKG4mNgR-tcPVN5y7WjWKXpmw_McHpr8",
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"content": "Preghiera - 13 dicembre 2018<br />di Camillo Langone<br /><br />Era contrario alla comunione nella mano e alla messa post-conciliare, giudicandola una rivoluzione, non un'evoluzione della liturgia di sempre.<br />Del resto era tedesco, il filosofo Robert Spaemann morto l'altro giorno, e l'eresia protestante la annusava meglio di noi. Era contrario, sulla base di Galati 6,10, all'immigrazionismo: “Non possiamo aiutare tutti, bisogna seguire un ordine di vicinanza”. Era molto vecchio ma vedeva il futuro, e i relativi pericoli, meglio di tanto clero di mezza età preoccupato per il buon esito della raccolta differenziata. Era contrario dunque allo scientismo, giudicandolo nemico della libertà: “In una civiltà tecnico-scientifica, il dogma cristiano potrebbe diventare il rifugio dell'umanità dell'uomo”. Ci salvi il dogma cristiano dai comunisti cinesi e dai capitalisti californiani che, grazie agli smartphone, ormai sanno anche quante volte andiamo in bagno a pisciare.",
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"content": "Dystopia . Mentre Bernie Sanders propone l'aborto come strumento di ingegneria sociale, in nome della paralogica \"scarsità della risorse\" malthusiana; mentre lo scienziato Magnus Söderlund ha proposto il cannibalismo come strumento di sostenibiità ambientale, a Davos questa psicopatica ci fa sapere che il punto per salvare l'ambiente è non permetterci di possedere niente, affittare tutto, magari vivere in quelle che in URSS si chiamavano Kommunalki (come quella in cui Bulgakov ambientò \"Cuore di Cane\"). I moschettieri si sono già armati per tranquillizzare un'opinione pubblica ormai troppo stupida, avvertendo che si tratta della solita boutade, della solita provocazione. Purtroppo però la Finestra di Overton è stata aperta. A Davos purtroppo si decidono le nostre abitudine quotidiane, che nello stato d'ipnosi in cui viviamo ci sembrano frutto delle nostre libere scelte e dei nostri gusti ma purtroppo le cose non stanno così: noi non pensiamo più ma siamo tragicamente pensati, non viviamo, siamo vissuti da altri, quasi sempre a nostra insaputa<br /><a href=\"https://facebook.com/cronachedeitempiultimi/videos/2495455693863817/?t=0\" target=\"_blank\">https://facebook.com/cronachedeitempiultimi/videos/2495455693863817/?t=0</a>",
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"attributedTo": "https://www.minds.com/api/activitypub/users/1017943160816410630",
"content": "L'ultima Poesia di Pier Paolo Pasolini, per Camillo Langone \"Manifesto della Destra divina\".<br />\"Difendi, Conserva, Prega\" quasi un decennio dopo, venne ribaltato da Giovanni Lindo Ferretti ai tempi dei CCCP, in \"Produci, Consuma, Crepa\" ed è questa inversione che ci aiuta a capire meglio la potenza di questo motto conservatore, Questa lettera di un marxista atipico, antimoderno, agreste e bucolico, a un giovane fascista conferma l'dea di Chesterton sulla Tradizione che \"non significa che i vivi sono morti, ma che i morti sono vivi.\"<br /><br /><br /><br /> Saluto e Augurio <br /><br />È quasi sicuro che questa<br /><br />è la mia ultima poesia in friulano:<br /><br />e voglio parlare a un fascista,<br /><br />prima che io, o lui, siamo troppo lontani.<br /><br /> <br /><br />È un fascista giovane,<br /><br />avrà ventuno, ventidue anni:<br /><br />è nato in un paese<br /><br />ed è andato a scuola in città.<br /><br /> <br /><br />È alto, con gli occhiali, il vestito<br /><br />grigio, i capelli corti:<br /><br />quando comincia a parlarmi,<br /><br />penso che non sappia niente di politica<br /><br /> <br /><br />e che cerchi solo di difendere il latino<br /><br />e il greco contro di me; non sapendo<br /><br />quanto io ami il latino, il greco - e i capelli corti.<br /><br />Lo guardo, è alto e grigio come un alpino.<br /><br /> <br /><br />\"Vieni qua, vieni qua, Fedro.<br /><br />Ascolta. Voglio farti un discorso<br /><br />che sembra un testamento.<br /><br />Ma ricordati, io non mi faccio illusioni<br /><br /> <br /><br />su di te: io so, io so bene,<br /><br />che tu non hai, e non vuoi averlo,<br /><br />un cuore libero, e non puoi essere sincero:<br /><br />ma anche se sei un morto, io ti parlerò.<br /><br /> <br /><br />Difendi i paletti di gelso, di ontano,<br /><br />in nome degli Dei, greci o cinesi.<br /><br />Muori d’amore per le vigne.<br /><br />Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.<br /><br /> <br /><br />Per il capo tosato dei tuoi compagni.<br /><br />Difendi i campi tra il paese<br /><br />e la campagna, con le loro pannocchie<br /><br />abbandonate. Difendi il prato<br /><br /> <br /><br />tra l’ultima casa del paese e la roggia.<br /><br />I casali assomigliano a Chiese:<br /><br />godi di questa idea, tienla nel cuore.<br /><br />La confidenza col sole e con la pioggia,<br /><br /> <br /><br />lo sai, è sapienza sacra.<br /><br />Difendi, conserva, prega! La Repubblica<br /><br />è dentro, nel corpo della madre.<br /><br />I padri hanno cercato e tornato a cercar<br /><br /> <br /><br />di qua e di là, nascendo, morendo,<br /><br />cambiando: ma son tutte cose del passato.<br /><br />Oggi: difendere, conservare, pregare. Taci!<br /><br />Che la tua camicia non sia<br /><br /> <br /><br />nera, e neanche bruna. Taci! che sia<br /><br />una camicia grigia. La camicia del sonno.<br /><br />Odia quelli che vogliono svegliarsi,<br /><br />e dimenticarsi delle Pasque...<br /><br /> <br /><br />Dunque, ragazzo dai calzetti di morto,<br /><br />ti ho detto ciò che vogliono gli Dei<br /><br />dei campi. Là dove sei nato.<br /><br />Là dove da bambino hai imparato <br /><br /> <br /><br />i loro Comandamenti. Ma in Città?<br /><br />Là Cristo non basta.<br /><br />Occorre la Chiesa: ma che sia<br /><br />moderna. E occorrono i poveri<br /><br /> <br /><br />Tu difendi, conserva, prega:<br /><br />ma ama i poveri: ama la loro diversità.<br /><br />Ama la loro voglia di vivere soli<br /><br />nel loro mondo, tra prati e palazzi<br /><br /> <br /><br />dove non arrivi la parola<br /><br />del nostro mondo; ama il confine<br /><br />che hanno segnato tra noi e loro;<br /><br />ama il loro dialetto inventato ogni mattina,<br /><br /> <br /><br />per non farsi capire; per non condividere<br /><br /> con nessuno la loro allegria.<br /><br />Ama il sole di città e la miseria<br /><br />dei ladri; ama la carne della mamma nel figlio<br /><br /> <br /><br />Dentro il nostro mondo, dì<br /><br />di non essere borghese, ma un santo<br /><br />o un soldato: un santo senza ignoranza,<br /><br />o un soldato senza violenza.<br /><br /> <br /><br />Porta con mani di santo o soldato<br /><br />l’intimità col Re, Destra divina<br /><br />che è dentro di noi, nel sonno.<br /><br />Credi nel borghese cieco di onestà,<br /><br /> <br /><br />anche se è un’illusione: perché<br /><br />anche i padroni hanno<br /><br />i loro padroni, e sono figli di padri<br /><br />che stanno da qualche parte nel mondo.<br /><br /> <br /><br />È sufficiente che solo il sentimento<br /><br />della vita sia per tutti uguale:<br /><br />il resto non importa, giovane con in mano<br /><br />il Libro senza la Parola.<br /><br /> <br /><br />Hic desinit cantus. Prenditi<br /><br />tu, sulle spalle, questo fardello.<br /><br />Io non posso: nessuno ne capirebbe<br /><br />lo scandalo. Un vecchio ha rispetto<br /><br /> <br /><br />del giudizio del mondo: anche<br /><br />se non gliene importa niente. E ha rispetto<br /><br />di ciò che egli è nel mondo. Deve<br /><br />difendere i suoi nervi, indeboliti,<br /><br /> <br /><br />e stare al gioco a cui non è mai stato.<br /><br />Prenditi tu questo peso, ragazzo che mi odii:<br /><br />portalo tu. Risplende nel cuore. E io camminerò<br /><br />leggero, andando avanti, scegliendo per sempre<br /><br /> <br /><br />la vita, la gioventù.<br /><br /><br /><br /><br /><br />A è quasi sigùr che chista<br /><br />a è la me ultima poesia par furlàn;<br /><br />e i vuèj parlàighi a un fassista<br /><br />prima di essi (o ch’al sedi) massa lontàn. <br /><br /> <br /><br />Al è un fassista zòvin,<br /><br />al varà vincia un, vincia doi àins:<br /><br />al è nassùt ta un paìs,<br /><br />e al è zut a scuela in sitàt. <br /><br /> <br /><br />Al è alt, cui ociàj, il vistìt<br /><br />gris, i ciavièj curs:<br /><br />quand ch’al scumìnsia a parlàmi<br /><br />i crot ch’a no’l savedi nuja di politica<br /><br /> <br /><br />e ch’al serci doma di difindi il latìn<br /><br />e il grec, cuntra di me; no savìnt<br /><br />se ch’i ami il latin, il grec - e i ciavièj curs.<br /><br />Lu vuardi, al è alt e gris coma un alpìn.<br /><br /> <br /><br />\"Ven cà, ven cà, Fedro.<br /><br />Scolta. I vuèj fati un discors<br /><br />ch’al somèa un testamìnt.<br /><br />Ma recuàrditi, i no mi fai ilusiòns<br /><br /> <br /><br />su di te: jo i sai ben, i lu sai,<br /><br />ch’i no ti às, e no ti vòus vèilu,<br /><br />un còur libar, e i no ti pos essi sinsèir:<br /><br />ma encia si ti sos un muàrt, ti parlarài.<br /><br /> <br /><br />Difìnt i palès di moràr o aunàr,<br /><br />in nomp dai Dius, grecs o sinèis.<br /><br />Moùr di amòur par li vignis.<br /><br />E i fics tai ors. I socs, i stecs.<br /><br /> <br /><br />Il ciaf dai to cunpàins, tosàt.<br /><br />Difìnt i ciamps tra il paìs<br /><br />e la campagna, cu li so panolis,<br /><br />li vas’cis dal ledàn. Difìnt il prat<br /><br /> <br /><br />tra l’ultima ciasa dal paìs e la roja.<br /><br />I ciasàj a somèjn a Glìsiis:<br /><br />giolt di chista idea, tènla tal còur.<br /><br />La confidensa cu’l soreli e cu’ la ploja,<br /><br /> <br /><br />ti lu sas, a è sapiensa santa.<br /><br />Difìnt, conserva prea. La Repùblica<br /><br />a è drenti, tal cuàrp da la mari.<br /><br />I paris a àn serciàt, e tornàt a sercià<br /><br /> <br /><br />di cà e di là, nass’nt, murìnt,<br /><br />cambiànt: ma son dutis robis dal passàt.<br /><br />Vuei: difindi, conservà, preà. Tas:<br /><br />la to ciamesa ch’a no sedi <br /><br /> <br /><br />nera, e nencia bruna. Tas! Ch’a sedi<br /><br />’na ciamesa grisa. La ciamesa dal siun.<br /><br />Odia chej ch’a volin dismòvisi<br /><br />e dismintiàssi da li Paschis... <br /><br /> <br /><br />Duncia, fantàt dai cialsìns di muàrt,<br /><br />i ti ài dita se ch’a volin i Dius<br /><br />dai ciamps. Là ch’i ti sos nassùt.<br /><br />Là che da frut i ti às imparàt<br /><br /> <br /><br />i so Comandamìns. Ma in Sitàt?<br /><br />Scolta. Là Crist a no’l basta.<br /><br />A coventa la Gl’sia: ma ch’a sedi<br /><br />moderna. E a coventin i puòrs. <br /><br /> <br /><br />Tu difìnt, conserva, prea:<br /><br />ma ama i puòrs: ama la so diversitàt.<br /><br />Ama la so voja di vivi bessòj<br /><br />tal so mond, tra pras e palàs<br /><br /> <br /><br />là ch’a no rivi la peràula<br /><br />dal nustri mond; ama il cunfìn<br /><br />ch’a àn segnàt tra nu e lòur;<br /><br />ama il so dialèt inventàt ogni matina,<br /><br /> <br /><br />par no fassi capì; par no spartì<br /><br />cun nissùn la so ligria.<br /><br />Ama il sorel di sitàt e la miseria<br /><br />dai laris; ama la ciar da la mama tal fì. <br /><br /> <br /><br />Drenti dal nustri mond, dis<br /><br />di no essi borghèis, ma un sant<br /><br />o un soldàt: un sant sensa ignoransa,<br /><br />un soldàt sensa violensa.<br /><br /> <br /><br />Puarta cun mans di sant o soldàt<br /><br />l’intimitàt cu’l Re, Destra divina<br /><br />ch’a è drenti di nu, tal siùn.<br /><br />Crot tal borghèis vuàrb di onestàt,<br /><br /> <br /><br />encia s’a è ’na ilusiòn: parsè<br /><br />che encia i parons, a àn<br /><br />i so paròns, a son fis di paris<br /><br />ch’a stan da qualchi banda dal momd.<br /><br /> <br /><br />Basta che doma il sintimìnt<br /><br />da la vita al sedi par diciu cunpàin:<br /><br />il rest a no impuàrta, fantàt cun in man<br /><br />il Libri sensa la Peràula.<br /><br /> <br /><br />Hic desinit cantus. Ciàpiti<br /><br />tu, su li spalis, chistu zèit plen.<br /><br />Jo i no pos, nissun no capirès<br /><br />il scàndul. Un veciu al à rispièt<br /><br /> <br /><br />dal judissi dal mond; encia<br /><br />s’a no ghi impuarta nuja. E al à rispièt<br /><br />di se che lui al è tal mond. A ghi tocia<br /><br />difindi i so sgnerfs indebulìs,<br /><br /> <br /><br />e stà al zoùc ch’a no’l à mai vulùt.<br /><br />Ciàpiti su chistu pèis, fantàt ch’i ti mi odiis:<br /><br />puàrtilu tu. Al lus tal còur. E jo ciaminarai<br /><br />lizèir, zint avant, sielzìnt par sempri <br /><br /> <br /><br />la vita, la zoventùt.",
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"content": "L'ultima Poesia di Pier Paolo Pasolini, per Camillo Langone \"Manifesto della Destra divina\".\n\"Difendi, Conserva, Prega\" quasi un decennio dopo, venne ribaltato da Giovanni Lindo Ferretti ai tempi dei CCCP, in \"Produci, Consuma, Crepa\" ed è questa inversione che ci aiuta a capire meglio la potenza di questo motto conservatore, Questa lettera di un marxista atipico, antimoderno, agreste e bucolico, a un giovane fascista conferma l'dea di Chesterton sulla Tradizione che \"non significa che i vivi sono morti, ma che i morti sono vivi.\"\n\n\n\n Saluto e Augurio \n\nÈ quasi sicuro che questa\n\nè la mia ultima poesia in friulano:\n\ne voglio parlare a un fascista,\n\nprima che io, o lui, siamo troppo lontani.\n\n \n\nÈ un fascista giovane,\n\navrà ventuno, ventidue anni:\n\nè nato in un paese\n\ned è andato a scuola in città.\n\n \n\nÈ alto, con gli occhiali, il vestito\n\ngrigio, i capelli corti:\n\nquando comincia a parlarmi,\n\npenso che non sappia niente di politica\n\n \n\ne che cerchi solo di difendere il latino\n\ne il greco contro di me; non sapendo\n\nquanto io ami il latino, il greco - e i capelli corti.\n\nLo guardo, è alto e grigio come un alpino.\n\n \n\n\"Vieni qua, vieni qua, Fedro.\n\nAscolta. Voglio farti un discorso\n\nche sembra un testamento.\n\nMa ricordati, io non mi faccio illusioni\n\n \n\nsu di te: io so, io so bene,\n\nche tu non hai, e non vuoi averlo,\n\nun cuore libero, e non puoi essere sincero:\n\nma anche se sei un morto, io ti parlerò.\n\n \n\nDifendi i paletti di gelso, di ontano,\n\nin nome degli Dei, greci o cinesi.\n\nMuori d’amore per le vigne.\n\nPer i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.\n\n \n\nPer il capo tosato dei tuoi compagni.\n\nDifendi i campi tra il paese\n\ne la campagna, con le loro pannocchie\n\nabbandonate. Difendi il prato\n\n \n\ntra l’ultima casa del paese e la roggia.\n\nI casali assomigliano a Chiese:\n\ngodi di questa idea, tienla nel cuore.\n\nLa confidenza col sole e con la pioggia,\n\n \n\nlo sai, è sapienza sacra.\n\nDifendi, conserva, prega! La Repubblica\n\nè dentro, nel corpo della madre.\n\nI padri hanno cercato e tornato a cercar\n\n \n\ndi qua e di là, nascendo, morendo,\n\ncambiando: ma son tutte cose del passato.\n\nOggi: difendere, conservare, pregare. Taci!\n\nChe la tua camicia non sia\n\n \n\nnera, e neanche bruna. Taci! che sia\n\nuna camicia grigia. La camicia del sonno.\n\nOdia quelli che vogliono svegliarsi,\n\ne dimenticarsi delle Pasque...\n\n \n\nDunque, ragazzo dai calzetti di morto,\n\nti ho detto ciò che vogliono gli Dei\n\ndei campi. Là dove sei nato.\n\nLà dove da bambino hai imparato \n\n \n\ni loro Comandamenti. Ma in Città?\n\nLà Cristo non basta.\n\nOccorre la Chiesa: ma che sia\n\nmoderna. E occorrono i poveri\n\n \n\nTu difendi, conserva, prega:\n\nma ama i poveri: ama la loro diversità.\n\nAma la loro voglia di vivere soli\n\nnel loro mondo, tra prati e palazzi\n\n \n\ndove non arrivi la parola\n\ndel nostro mondo; ama il confine\n\nche hanno segnato tra noi e loro;\n\nama il loro dialetto inventato ogni mattina,\n\n \n\nper non farsi capire; per non condividere\n\n con nessuno la loro allegria.\n\nAma il sole di città e la miseria\n\ndei ladri; ama la carne della mamma nel figlio\n\n \n\nDentro il nostro mondo, dì\n\ndi non essere borghese, ma un santo\n\no un soldato: un santo senza ignoranza,\n\no un soldato senza violenza.\n\n \n\nPorta con mani di santo o soldato\n\nl’intimità col Re, Destra divina\n\nche è dentro di noi, nel sonno.\n\nCredi nel borghese cieco di onestà,\n\n \n\nanche se è un’illusione: perché\n\nanche i padroni hanno\n\ni loro padroni, e sono figli di padri\n\nche stanno da qualche parte nel mondo.\n\n \n\nÈ sufficiente che solo il sentimento\n\ndella vita sia per tutti uguale:\n\nil resto non importa, giovane con in mano\n\nil Libro senza la Parola.\n\n \n\nHic desinit cantus. Prenditi\n\ntu, sulle spalle, questo fardello.\n\nIo non posso: nessuno ne capirebbe\n\nlo scandalo. Un vecchio ha rispetto\n\n \n\ndel giudizio del mondo: anche\n\nse non gliene importa niente. E ha rispetto\n\ndi ciò che egli è nel mondo. Deve\n\ndifendere i suoi nervi, indeboliti,\n\n \n\ne stare al gioco a cui non è mai stato.\n\nPrenditi tu questo peso, ragazzo che mi odii:\n\nportalo tu. Risplende nel cuore. E io camminerò\n\nleggero, andando avanti, scegliendo per sempre\n\n \n\nla vita, la gioventù.\n\n\n\n\n\nA è quasi sigùr che chista\n\na è la me ultima poesia par furlàn;\n\ne i vuèj parlàighi a un fassista\n\nprima di essi (o ch’al sedi) massa lontàn. \n\n \n\nAl è un fassista zòvin,\n\nal varà vincia un, vincia doi àins:\n\nal è nassùt ta un paìs,\n\ne al è zut a scuela in sitàt. \n\n \n\nAl è alt, cui ociàj, il vistìt\n\ngris, i ciavièj curs:\n\nquand ch’al scumìnsia a parlàmi\n\ni crot ch’a no’l savedi nuja di politica\n\n \n\ne ch’al serci doma di difindi il latìn\n\ne il grec, cuntra di me; no savìnt\n\nse ch’i ami il latin, il grec - e i ciavièj curs.\n\nLu vuardi, al è alt e gris coma un alpìn.\n\n \n\n\"Ven cà, ven cà, Fedro.\n\nScolta. I vuèj fati un discors\n\nch’al somèa un testamìnt.\n\nMa recuàrditi, i no mi fai ilusiòns\n\n \n\nsu di te: jo i sai ben, i lu sai,\n\nch’i no ti às, e no ti vòus vèilu,\n\nun còur libar, e i no ti pos essi sinsèir:\n\nma encia si ti sos un muàrt, ti parlarài.\n\n \n\nDifìnt i palès di moràr o aunàr,\n\nin nomp dai Dius, grecs o sinèis.\n\nMoùr di amòur par li vignis.\n\nE i fics tai ors. I socs, i stecs.\n\n \n\nIl ciaf dai to cunpàins, tosàt.\n\nDifìnt i ciamps tra il paìs\n\ne la campagna, cu li so panolis,\n\nli vas’cis dal ledàn. Difìnt il prat\n\n \n\ntra l’ultima ciasa dal paìs e la roja.\n\nI ciasàj a somèjn a Glìsiis:\n\ngiolt di chista idea, tènla tal còur.\n\nLa confidensa cu’l soreli e cu’ la ploja,\n\n \n\nti lu sas, a è sapiensa santa.\n\nDifìnt, conserva prea. La Repùblica\n\na è drenti, tal cuàrp da la mari.\n\nI paris a àn serciàt, e tornàt a sercià\n\n \n\ndi cà e di là, nass’nt, murìnt,\n\ncambiànt: ma son dutis robis dal passàt.\n\nVuei: difindi, conservà, preà. Tas:\n\nla to ciamesa ch’a no sedi \n\n \n\nnera, e nencia bruna. Tas! Ch’a sedi\n\n’na ciamesa grisa. La ciamesa dal siun.\n\nOdia chej ch’a volin dismòvisi\n\ne dismintiàssi da li Paschis... \n\n \n\nDuncia, fantàt dai cialsìns di muàrt,\n\ni ti ài dita se ch’a volin i Dius\n\ndai ciamps. Là ch’i ti sos nassùt.\n\nLà che da frut i ti às imparàt\n\n \n\ni so Comandamìns. Ma in Sitàt?\n\nScolta. Là Crist a no’l basta.\n\nA coventa la Gl’sia: ma ch’a sedi\n\nmoderna. E a coventin i puòrs. \n\n \n\nTu difìnt, conserva, prea:\n\nma ama i puòrs: ama la so diversitàt.\n\nAma la so voja di vivi bessòj\n\ntal so mond, tra pras e palàs\n\n \n\nlà ch’a no rivi la peràula\n\ndal nustri mond; ama il cunfìn\n\nch’a àn segnàt tra nu e lòur;\n\nama il so dialèt inventàt ogni matina,\n\n \n\npar no fassi capì; par no spartì\n\ncun nissùn la so ligria.\n\nAma il sorel di sitàt e la miseria\n\ndai laris; ama la ciar da la mama tal fì. \n\n \n\nDrenti dal nustri mond, dis\n\ndi no essi borghèis, ma un sant\n\no un soldàt: un sant sensa ignoransa,\n\nun soldàt sensa violensa.\n\n \n\nPuarta cun mans di sant o soldàt\n\nl’intimitàt cu’l Re, Destra divina\n\nch’a è drenti di nu, tal siùn.\n\nCrot tal borghèis vuàrb di onestàt,\n\n \n\nencia s’a è ’na ilusiòn: parsè\n\nche encia i parons, a àn\n\ni so paròns, a son fis di paris\n\nch’a stan da qualchi banda dal momd.\n\n \n\nBasta che doma il sintimìnt\n\nda la vita al sedi par diciu cunpàin:\n\nil rest a no impuàrta, fantàt cun in man\n\nil Libri sensa la Peràula.\n\n \n\nHic desinit cantus. Ciàpiti\n\ntu, su li spalis, chistu zèit plen.\n\nJo i no pos, nissun no capirès\n\nil scàndul. Un veciu al à rispièt\n\n \n\ndal judissi dal mond; encia\n\ns’a no ghi impuarta nuja. E al à rispièt\n\ndi se che lui al è tal mond. A ghi tocia\n\ndifindi i so sgnerfs indebulìs,\n\n \n\ne stà al zoùc ch’a no’l à mai vulùt.\n\nCiàpiti su chistu pèis, fantàt ch’i ti mi odiis:\n\npuàrtilu tu. Al lus tal còur. E jo ciaminarai\n\nlizèir, zint avant, sielzìnt par sempri \n\n \n\nla vita, la zoventùt.",
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